Economia circolare e digitalizzazione: i big data potrebbero accelerarne il processo

Ecco in che modo i big data potrebbero accelerare la transizione verso un'economia circolare: la soluzione in un passaporto digitale

Di Clarissa Cusimano

Trend e Scenari - Pubblicato il 05-06-2022

Alcuni degli obiettivi dell'economia circolare sono la riduzione dei rifiuti e delle discariche, il contrasto dell'inquinamento dei mari e l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti.

Ogni giorno, sempre più politiche puntano alla sostenibilità e stanno offrendo soluzioni per il riutilizzo, la riparazione, il rinnovamento e il riciclo dei prodotti e dei loro componenti.

Tuttavia, l'economia circolare è inibita dalla mancanza di dati. Tale carenza provoca serie ripercussioni su più fronti.

Senza dati concreti, ad esempio, si complica il processo di smaltimento dei rifiuti, visto che i riciclatori hanno spesso difficoltà a distinguere i vari materiali di cui è costituito ciascun prodotto; i produttori non ottengono feedback sulla riciclabilità dei loro prodotti; i consumatori non conoscono qual è l'impatto ambientale dei prodotti che acquistano né possono tenere traccia di come questi vengano smaltiti dopo che li gettano nell'immondizia.

Un recente documento sponsorizzato dal Ministero dell'Ambiente tedesco (BMU) esamina come i big data potrebbero accelerare il processo di digitalizzazione dell'economia circolare, risolvendo le problematiche appena citate, assieme a molte altre.

Una delle soluzioni si chiama "passaporto del ciclo di vita digitale", in grado di raccogliere tutti i dati relativi ai prodotti.

Scopriamo insieme tutte le caratteristiche del Digital Lifecycle Passport, compresi i limiti e il dibattito in corso sulla sua attuabilità.

Economia circolare e digitalizzazione: quali sono le misure attuali in UE

La Commissione Europea ha approvato dei certificati digitali che puntano all'allungamento del ciclo di vita dei prodotti, con dati utili per la riparazione e per il riciclaggio degli stessi; tali documenti, però, sono più simili a "certificati di nascita" che a passaporti.

La CE si è anche impegnata affinché, entro il 2026, tutti i produttori garantiscano che prodotti altamente inquinanti come le batterie siano accompagnate da una struttura di dati. Questa dovrà essere accessibile online e collegata alla singola batteria, dovrà contenere informazioni sulla capacità della batteria, sulla sua durata e sulla presenza sostanze nocive.

Nell'ambito del Green Deal, il piano d'azione per l'economia circolare della Commissione Europea, si è proposta l'introduzione di un "Materials Passport" per ogni nuovo edificio, visto che il settore edile consuma il 40% delle risorse mondiali. Questo documento identificherebbe i pericoli della demolizione e aiuterebbe a rivalutare gli edifici demoliti come fonti di materiali che potrebbero essere riutilizzati.

In questo modo, ogni volta che qualcuno volesse sbarazzarsi di un edificio, vedrebbe la struttura in suo possesso aumentare di valore; potrebbe non dover pagare affatto per la demolizione e, in alcuni casi, persino ricavarne del profitto. Così, gli edifici diventerebbero delle vere e proprie miniere di materiale da riutilizzare.

Per quanto riguarda le merci in generale, si è pensato a un "Digital Product Passport", che riporterà tutte le informazioni sui componenti, sui materiali, sulle sostanze chimiche, sulla riparabilità, sui pezzi di ricambio e sul corretto smaltimento di uno specifico prodotto. Vediamo nel dettaglio in cosa consisterebbe.

Il passaporto digitale del ciclo di vita

Il documento promosso dalla BMU ha identificato problematiche e carenze relative alle misure attuali UE appena citate.

Innanzitutto, mancherebbero uniformità e strutture coerenti per le informazioni riguardanti i prodotti e i loro cicli di vita a livello globale. Una soluzione consisterebbe nell'introdurre un modello standardizzato, utilizzando un'architettura aperta e basata sul cloud assieme a una struttura comune di dati, che permetterebbe di distribuire le informazioni da uno stakeholder all'altro in modo significativo e strutturato.

Sebbene i produttori debbano già fornire le informazioni di base sulle merci, un passaporto con tutti i dati risulterebbe oltremodo utile. Permetterebbe, infatti, il completo utilizzo e la perfetta gestione dei prodotti ad altre parti interessate lungo tutto il loro ciclo di vita.

Ciò significherebbe che, grazie ai big data, tutte le informazioni relative, ad esempio, all'impatto ambientale di un prodotto, alla sua sicurezza o al suo smaltimento potrebbero essere registrate e sarebbero accessibili al produttore, ai riciclatori e ai consumatori.

Le caratteristiche del Digital Lifecycle Passport

Il Digital Lifecycle Passport utilizzerà l'Asset Administration Shell (AAS) promosso dall'iniziativa Industrie 4.0 a guida tedesca. L'AAS è stato descritto come "uno strumento magico, in grado di permettere l'interazione e la condivisione di informazioni con il mondo IoT digitale".

Per "IoT digitale" si intende proprio l'estensione di internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti, i quali possiedono così delle identità digitali, che interagiscono tra loro e che forniscono servizi sempre più performanti agli utenti.

In questo modo ogni prodotto fisico verrebbe circondato virtualmente da un "guscio digitale", che ospiterebbe all'interno del suo cloud il Digital Lifecycle Passport con tutte le caratteristiche dei prodotti.

I problemi attualmente irrisolti

Durante l'elaborazione del Digital Lifecycle Passport si è manifestato un problema principale: se un prodotto, durante tutto il suo ciclo di vita, si trasforma di continuo, come si possono mantenere costantemente aggiornate le sue informazioni presenti sul cloud?

Alcuni prevedono di fare affidamento sul rilevamento degli oggetti tramite dispositivi di scansione visiva. Il documento promosso dalla BMU, però, sostiene che questo approccio sia fattibile solo per un piccolo numero di dispositivi. La soluzione migliore, invece, dovrebbe essere più accessibile e basarsi, ad esempio, su marcatori ottici (codici QR), RFID o su approcci basati su filigrana.

Un secondo problema messo in evidenza da BMU è legato alla sia attuabilità. Ci si chiede, infatti, se si possa semplificare il lavoro approvando un passaporto digitale per ogni categoria di merce o se, invece, sia necessario averne uno per ciascun prodotto.

BMU suggerisce che la prima soluzione, più semplice, potrebbe essere applicata a quei prodotti di breve durata quali gli imballaggi di plastica; per realizzare il sogno di un'economia circolare più sofisticata, invece, bisognerebbe provvedere affinché ciascun prodotto abbia il suo passaporto digitale.

Valutazioni ambientali automatizzate?

Poiché l'AAS può essere popolato da dispositivi IoT che monitorano le prestazioni di un prodotto, il documento BMU suggerisce che le valutazioni ambientali potrebbero essere condotte con un click.

Il documento suggerisce che "le valutazioni ambientali automatizzate e la pubblicazione dei risultati potrebbero indurre a decisioni d'acquisto più rispettose dell'ambiente da parte dei consumatori finali".

Anche le valutazioni ambientali e del ciclo di vita, se automatizzate, darebbero un prezioso feedback ai produttori per una migliore progettazione delle merci; e il Digital Lifecycle Passport potrebbe persino rendere più trasparente il modo in cui i prodotti vengono utilizzati dai consumatori.

Si tratta di enormi vantaggi, che ancora una volta sollevano problematiche e aprono il dibattito su temi come la privacy e la gestione dei dati, visto che sono sempre di più le informazioni raccolte dai dispositivi e dalle apparecchiature che utilizziamo ogni giorno.


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